In questa sede affrontiamo un argomento che solo apparentemente si distanzia dagli ambiti tecnici che ci sono consueti. Negli ultimi anni si va constatando da parte di operatori sanitari, sociologi e filosofi che: se la medicina ha raggiunto livelli di eccellenza impensabili fino a qualche decina di anni fa, grazie agli sforzi profusi per la ricerca, la tecnologica diagnostica, la produzione di farmaci sempre più efficaci e competenze sempre più specializzate, non vi sia altrettanta attenzione per l’aspetto umanistico della cura.
Paradossalmente l’aspetto scientifico e tecnico sembra aver perso di vista il centro proprio di tale corsa al progresso. (il Prof. Umberto Veronesi a riguardo in questo video)
Numerosi studi oggi valorizzano la cosi detta medicina narrativa e ciò che accade da otto anni a Treviso ci aiuta a capirne il motivo.
Il nostro interlocutore è di primo rilievo ossia il Direttore della Struttura Complessa di Cardiologia, Ospedale Ca’ Foncello, Treviso, il dott. Zoran Olivari.
Al reparto di cardiologia dell’ospedale trevigiano viene allestita (arrivata oggi all’ottava edizione) l’esposizione annuale d’arte contemporanea intitolata “L’arte fa bene al cuore” (immagine copertina catalogo) per volontà del Dott. Olivari.
L’esposizione delle opere, aspetto sostanziale del nostro ragionamento, è quanto di più distante dall’effetto noto come “effetto sala d’attesa” che si può percepire in molte anticamere di ambulatori. Nulla di tutto ciò. E’ invece un allestimento serio, di valorizzazione delle opere che coinvolge firme del mondo dell’arte sia per la curatela sia per la qualità artistica delle opere esposte. Solo il genere specifico del luogo non la rendono un esperienza museale-espositiva vera e propria. Il tutto a budget zero.
Stiamo uscendo chiaramente dal selciato delle responsabilità specialistiche. E’ lapalissiano: nei doveri di un Primario la voce “organizzare in reparto mostre d’arte (ed a regola d’arte)” non c’è. Allora perché? La passione non basta. Quale può essere il precipitato di un’attività così particolare e metodica?
Il dialogo con il dott. Olivari scorre vivace e veloce ed il suo discorso si focalizza su un punto, ossia la dicotomia tra la tecnologia a disposizione oggi dei medici, massima espressione del progresso, del pragmatismo e della capacità del genere umano nello sviluppare strumenti volti a raggiungere performance sempre migliori, e l’espressione artistica, apparentemente l’attività più “inutile” dell’uomo.
Sorridendo, concordiamo che tra le incisioni delle Grotte di Lascaux ed un opera d’arte contemporanea in mezzo ci siano solamente circa 20000 anni, ma per il resto non sia cambiato nulla, l’arte fortunatamente è sempre quella, è rimasta “inutile”.
Allora perché il reparto di cardiologia, fiore all’occhiello dell’ospedale di Treviso, esalta entrambi gli aspetti? Dove vi può essere il contatto?
Queste le conclusioni, in risposta alle domande aperte, che per motivi di ordine editoriale dobbiamo condensare tornando al nostro ruolo di meri consulenti e cercando di fornire quelle suggestioni che, senza nemmeno troppa fatica immaginativa, possano essere riferite alle organizzazioni sanitarie di tutti i tipi e dimensioni:
- L’attività sanitaria tutta è permeata dal rapporto operatore/paziente pertanto, unbuon ambiente di cura che favorisce tale rapporto, ha dei diretti e molteplici benefici che si diffondono anche trasversalmente su tutte le dinamiche di reparto (Operatore/operatore, operatore/organizzazione, operatore/paziente, operatore/caregiver, etc …). Questo avviene impercettibilmente, ma è inesorabilmente.
- Lo zelo e la costanza profusa per l’allestimento della mostra, fa dell’esposizione un evento semioforo, portatore di un forte messaggio che sembra affermare: “la mia responsabilità non si ferma a quella scritta su una legge o codice deontologico, su un contratto o procedura interna. La mia responsabilità deve riflettersi su tutto il mio fare in reparto, sul fare obbligatorio e su quello volontario, in sala operatoria come nell’allestimento di un esposizione d’arte: è il tutto che da credibilità e alimenta il rapporto di fiducia con pazienti e colleghi” (anzi è il fare volontario, se condotto in tale materia, a conferire maggior forza al messaggio).
- Arte e tecnologia, emotività e scienza, sono due lati della medesima medaglia ed entrambe ci devono essere ed aver il giusto peso. Un processore elettronico a disposizione della medicina usato senza empatia rimane un insieme di 1 e 0 (almeno per ora). L’arte simboleggia al meglio quel fattore umano senza il quale la diagnostica strumentale, ad esempio, sempre più potente, rischia di divenire un feticcio, una pretesa vana dell’uomo per affermare il proprio potere sulla natura, una gara alla specializzazione che rischia di non vedere l’integrità dell’uomo, fatto di corpo e spirito.
- Avvenimenti ed iniziative come “L’arte fa bene al cuore” hanno un esito positivo se le persone in posizione decisionale hanno forza (credibilità) e apertura mentale. Tutto ciò, se accompagnato da perseveranza ed esempio, sembra proprio funzionare. Per questo, eccellenze di questo genere, sono affidate all’iniziativa di pochi, quelli che definirei buoni maestri.
Sarebbe immodesto il rapportare queste considerazioni a quanto usualmente è materia del nostro lavoro (organizzazione, applicazione delle leggi, analisi del rischio, responsabilità sanitaria…), e trascurandole del tutto sarebbe un lavoro esclusivo ed non inclusivo. Lascio pertanto a tutti immaginare se stessi buoni maestri, nel proprio contesto, e, per quanto possibile, immaginare connessioni con la propria quotidianità.
Al dott. Olivari un ringraziamento “di cuore”.
Le foto utilizzate sono di Oscar Totis, da L’Arte fa bene al cuore, EPX
A cura di Andrea Orsi
Direttore di Area per Contec AQS
Qualità, protocolli, organizzazione, competenza, tecnologia e progresso scientifico, gestione dei dati, cartella e fascicolo elettronico, tutto ha senso nella sanità solo qualora venga messo in relazione alla persona. L’ambiente di lavoro a tutto tondo, le relazioni con pazienti e colleghi, se opportunamente gestiti, sono aspetti che valorizzano l’attività anzi ne condizionano in modo sostanziale gli esiti. Ecco da dove nasce l’importanza della medicina narrativa.
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